Il Tribunale del Riesame di Trieste si esprime sui requisiti per reputare esistente una “stabile organizzazione”

Il Tribunale del Riesame di Trieste, lo scorso 22 maggio, accogliendo l’istanza proposta nell’interesse del legale rappresentante di una società di diritto turco operante nel settore dei trasporti indagato per il reato di cui all’art. 4, D.Lgs 74/2000, perché avrebbe omesso di dichiarare un volume di affari pari a mezzo milione di euro, evadendo, in tal modo, un’imposta per trecento mila euro circa, ha disposto l’annullamento del decreto di sequestro preventivo.
Il Tribunale ha infatti ritenuto fondate le doglienze della difesa in merito all’insussistenza del fumus ai fini dell’emissione della misura cautelare reale, con la quale la Procura della Repubblica di Trieste aveva bloccato i conti corrente dell’indagato, nonché sottoposto a sequestro la sua abitazione e le vetture di sua proprietà.
Nel caso di specie l’Agenzia delle Entrate, a seguito di una serie di controlli formali e sostanziali, era giunta alla conclusione che la società turca non avesse svolto in Italia un’attività imprenditoriale per il tramite di un ufficio di rappresentanza ma per mezzo di una stabile organizzazione, il che avrebbe dovuto comportare una tassazione del reddito prodotto nel territorio italiano da soggetti non residenti.
Occorre tuttavia osservare che, ai sensi degli artt. 5 della Convenzione OSCE contro la doppia imposizione e 162, I co. del D.P.R. 917/1986, per “stabile organizzazione” deve intendersi «una sede fissa di affari per mezzo della quale l’impresa non residente esercita in tutto o in parte la sua attività sul territorio dello Stato»; tuttavia non si ha “stabile organizzazione” qualora la sede degli affari venga utilizzata per svolgere attività ausiliarie o preparatorie che non costituiscono parte determinante dell’attività d’impresa e che, di conseguenza, contribuiscono solo marginalmente alla realizzazione dell’utile.
Nell’istanza di dissequestro, presentata nell’interesse dell’indagato, veniva dunque evidenziato come l’attività svolta dall’ufficio di rappresentanza della società turca fosse consistita in un mero ausilio ai trasporti organizzati dalla società con sede in Turchia (si pensi, ad esempio, alla fornitura agli autisti turchi del denaro necessario al fine di sostenere le spese di viaggio dal Porto di Trieste sino a destino) e non, invece, in una parte essenziale e significativa dell’attività d’impresa considerata unitariamente.
La tesi difensiva è stata accolta dal Tribunale del Riesame che, con il provvedimento in commento, ha fatto proprio l’orientamento secondo cui, al fine della configurabilità di una “stabile organizzazione”, non rilevano, da soli, elementi quali l’intestazione all’ufficio di rappresentanza di utenze telefoniche, la presenza di una sede (peraltro consistente in una stanza molto piccola), di un dipendente, di un contratto di locazione, l’esecuzione di trasporti intracomunitari nonché l’esistenza di un numero di partita Iva, essendo necessario, al fine della configurabilità di una stabile organizzazione e della conseguente tassazione del reddito prodotto in Italia da soggetto non residente, la presenza di un assetto organizzativo caratterizzato dall’idoneità a pianificare e a determinare in maniera autonoma l’attività da svolgere, assetto che, nella fattispecie in esame, è parso tanto alla difesa quanto al Tribunale del Riesame del tutto mancante.

(A cura dell’Ufficio di Trieste – Avv. Federica Fantuzzi – 0407600281)

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