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Class action e danno da vacanza rovinata

Di recente il Tribunale di Napoli ha emesso una pronuncia, la sentenza 18 febbraio 2013, n. 2195, che, come prevedibile, è stata accolta con naturale entusiasmo da parte delle associazioni di tutela del consumatore e appare di particolare interesse in quanto rappresenta la prima pronuncia favorevole ai consumatori in una class action proposta ai sensi dell’art. 140 bis del Codice del Consumo  (D. Lgs. n. 206/2005).

Nel dettaglio, la fattispecie esaminata dal Tribunale di Napoli riguardava la richiesta di risarcimento dei danni promossa da un gruppo di consumatori che, nel Natale del 2009, non avevano potuto trascorrere la vacanza a Zanzibar (Tanzania) secondo le condizioni assicurate dal Tour Operator al momento dello acquisto del pacchetto turistico.

In questo senso, mentre il soggiorno avrebbe dovuto svolgersi presso un resort a quattro stelle dotato di diversi servizi per la clientela (spa, palestra, piscina con giochi d’acqua, spiaggia fornita di lettini, ombrelloni, docce, ecc.), a causa di un ritardo nei lavori di ristrutturazione della suddetta struttura, i turisti erano stati trasferiti, per i primi tre giorni della vacanza, in un albergo qualitativamente inferiore rispetto a quello prenotato nonché privo dei citati servizi.

Inoltre, anche il resort originariamente prenotato, presso il quale si era svolta la rimanente parte del soggiorno, si era rilevato di qualità inferiore rispetto a quanto pubblicizzato nel catalogo e molti dei servizi promessi non erano risultati disponibili in quanto il complesso alberghiero era ancora in fase di ristrutturazione.

Tornato in Italia, uno dei turisti aveva pertanto deciso di convenire in giudizio il Tour Operator per ottenere il risarcimento dei danni subiti e, all’azione da questo promossa, avevano successivamente aderito anche altri partecipanti.

Secondo il Tribunale adìto, le circostanze menzionate integravano gli estremi dell’inadempimento contrattuale da parte del Tour Operator, il quale, peraltro, come emerso nel corso del giudizio, era a conoscenza della situazione e delle menzionate mancanze ed avrebbe quindi potuto – e dovuto – avvisare i viaggiatori scegliendo con anticipo la soluzione alternativa più idonea alle loro aspettative.

Il Giudice, constatato l’inadempimento contrattuale da parte del Tour Operator convenuto, condannava quest’ultimo al risarcimento del danno da vacanza rovinata, rappresentata “dal disagio e dalla serie di afflizioni” subite dal viaggiatore e tali da non permettergli di “godere pienamente della vacanza come occasione di svago e di riposo”. Al contrario, non veniva riconosciuto né il danno patrimoniale per le spese sostenute per gli spostamenti imprevisti, in quanto non documentato, né il danno non patrimoniale, in quanto il soggiorno era stato comunque fruito.

La pronuncia in questione, oltre ad esaminare la disciplina del viaggio c.d. “tutto compreso” di cui agli artt. 82-100 del Codice del Consumo, successivamente confluita negli articoli 34 e ss. del Codice del Turismo, passa in rassegna l’istituto dell’azione di classe prevista dal comma 2, art. 140 bis del Codice del Consumo, evidenziando, anzitutto, come la stessa sia ammessa nelle tre ipotesi di danno da contratto – ipotesi applicabile alla fattispecie in esame –, danno da prodotto e, infine, cosiddetto danno da “antitrust”.

La norma citata, come modificata dalla Legge n. 99/2009, in vigore dal 1 gennaio 2010, offre tutela, infatti, per “i diritti contrattuali di una pluralità di consumatori e utenti che versano nei confronti di una stessa impresa in una situazione identica”. Come riportato dal giudice, nelle poche pronunce giurisprudenziali in merito all’azione di classe e nella dottrina prevalente, il richiamo alla identità dei diritti è stato interpretato nel senso di ritenere che “vi sia identità di diritti solo laddove vi siano diritti coincidenti in tutti gli elementi costitutivi”, con riferimento, dunque, sia all’an sia al quantum del risarcimento, “potendosi differenziare solo per il fatto che ineriscono a soggetti differenti”.

Questa la lettura “da privilegiare”, dunque, secondo il Tribunale di Napoli, trovando la stessa conferma, peraltro, anche nella recente modifica legislativa apportata dal D.L. n. 1/2012, convertito in L. n. 27/2012, in vigore dal 25 marzo 2012, e applicabile ai giudizi successivamente instaurati, che ha modificato l’Art. 140 bis del Codice del Consumo sostituendo l’espressione “diritti identici” con quella “diritti omogenei”, proprio con lo scopo di “estendere e diffondere” l’azione di classe.

La riforma operata dal Legislatore con la citata L. 27/2012 e, in modo particolare l’introduzione dell’espresione “diritti omogenei”, ha in concreto ampliato il ventaglio di ammissibilità della class action e certamente facilitato la decisione del Tribunale di Napoli di ritenere sussistenti, nel caso sottoposto al suo esame, i presupposti per l’azione e per l’adesione di tutti i consumatori che avevano acquistato il pacchetto turistico pubblicizzato nel catalogo per quel determinato periodo (riconoscendo a tutti la somma “già rivalutata all’attualità” di € 1.300,00, salvi gli interessi legali). Viceversa, l’ammissibilità dell’azione collettiva nel caso concreto sarebbe stata assai meno agevole – se non impossibile – in costanza del previgente regime dal momento che, stante l’ardua configurabilità, ad una interpretazione rigorosa,  del requisito dell’identità del diritto dei consumatori, detto regime ha nei fatti, in passato, reso spesso impossibile il ricorso alla tutela collettiva.

A cura dell’Ufficio di Bologna  (051 2750020)