Come è noto, nella prassi contrattuale è molto frequente il ricorso delle parti alla stipulazione di clausole compromissorie, con cui, in caso di dispute sulla interpretazione o esecuzione del contratto, si contempla la devoluzione della controversia ad arbitri, in sostituzione dei Giudici Ordinari.

Con una recente sentenza ex art. 281 sexies c.p.c., del 26.2.2013 il Tribunale di Bologna ha statuito in materia di clausole compromissorie, nell’ambito di una lite insorta tra un Consorzio di autotrasportatori e una impresa ad esso associata.

In particolare, la controversia concerneva il mancato pagamento, al Consorzio, di crediti maturati a titolo di ristorni per spese anticipate di carburante, pedaggi autostradali ed altri servizi tipici che vengono espletati in seno ai rapporto sociali che si articolano nel settore di riferimento.

A tutela del proprio credito, il Consorzio aveva agito in via monitoria per ottenere l’emissione di un decreto ingiuntivo nei confronti del socio debitore. Quest’ultimo, a difesa della propria posizione processuale, aveva proposto formale opposizione al decreto emesso, eccependo il difetto di giurisdizione del Giudice adito, in forza della clausola compromissoria prevista nello Statuto, ove era espressamente disposto: “il consorzio e le imprese consorziate sono obbligati a rimettere alle decisioni di un arbitro unico la soluzione di tutte le controversie che possono formare oggetto di compromesso”.

La difesa del creditore opposto aveva obiettato che l’esistenza di una clausola compromissoria nel contratto intercorso tra le parti non esclude la competenza del Giudice ordinario ad emettere il decreto ingiuntivo, poiché la disciplina del procedimento arbitrale non contempla la emissione di provvedimenti inaudita altera parte.

Sul punto, la sentenza in esame ha precisato che la disciplina del procedimento arbitrale non elimina la competenza del Giudice ordinario ad emettere un decreto ingiuntivo, ma la fa venir meno in sede di opposizione. In questo senso ha infatti chiarito che “la clausola compromissoria impedisce solo la fase di opposizione, non quella monitoria”. Il Tribunale ha dunque dichiarato l’incompetenza del Giudice ordinario a conoscere la controversia nel giudizio di merito, ritenendo così operante la clausola compromissoria, ma condannando comunque il consorziato alle spese relative alla fase monitoria, perché – come visto – legittimamente intrapresa dal Consorzio. Il decreto ingiuntivo opposto è stato così revocato, con ordine al Consorzio di curare, a proprie spese, la cancellazione dell’ipoteca, nel frattempo costituita a tutela del credito azionato (in forza della originaria provvisoria esecutività del decreto ingiuntivo opposto). Appare interessante evidenziare come, con tale statuizione, sia stata altresì rigettata l’argomentazione svolta dal Consorzio opposto, secondo la quale il ricorso all’arbitrato sarebbe stato previsto, in Statuto, in via meramente alternativa a quello giurisdizionale sulla scorta di quanto previsto nello Statuto che testualmente prevedeva: “il lodo arbitrale è definiti­vo ed ha efficacia contrattuale nei confronti delle parti; è fatto salvo in ogni caso il ricorso all’Autorità giudiziaria”. Il Tribunale ha infatti argomentato: “è evidente, quindi, che il riferimento all’A.G. altro non rappresenta che la salvezza dei mezzi di impugnazione del lodo innanzi all’A.G.

Proprio tale previsione, peraltro, induce a ritenere che la clausola in esame preveda un arbitrato irrituale, infatti, al di là dei dati lessicali desumibili dalla norma statutaria (quali i riferimenti al giudi­zio da formulare “secondo equità”, “senza l’osservanza di particolari formalità”, ed alla figura del collegio arbitrale quale “amichevole compositore della vertenza”), di per sé sicuramente suggestivi, ma non ancora decisivi, la successiva, precisazione che il lodo “ha efficacia contrattuale nei con­fronti delle parti” è indice inequivoco della volontà di investire gli arbitri non di un potere decisorio alternativo e sostitutivo rispetto a quello dell’A.G., ma di definire il contenuto di un contratto che, vincolante tra le parti, risolverà la controversia in forza dell’autonomia negoziale delle medesime.

Sotto tale profilo può, anzi, cogliersi la rilevante differenza rispetto allo statuto successivamente adottato, che, all’art. 30, prevede, altrettanto chiaramente, che l’arbitro decida “in via rituale e se­condo diritto”. In tale prospettiva, l’arbitrato è stato configurato come “irrituale”. In conclusione, la decisione si segnala, perché è particolarmente sintomatica di quanto sia delicata la fase contrattuale, specie con riferimento a quelle pattuizioni che, pur rispondendo a determinate esigenze di tutela e trasparenza, possono altresì essere foriere di limiti difensivi, che devono essere valutati dagli operatori con la necessaria consapevolezza giuridica.

(A cura dell’Ufficio di Bologna – Dott. Stefano Campogrande – 051 2750020).

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CategoryDiritto civile

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