Il Tribunale di Palermo, accogliendo le istanze di Amat, conferma la sospensione della provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo da 32 milioni di euro.

Come già ampiamente diffuso dalla stampa, il Tribunale di Palermo ha da pochissimo emesso un’ordinanza, datata 29 maggio 2013, depositata il 5 giugno 2013, relativa ad un importante Cliente dello Studio, Amat Palermo S.p.a., l’azienda che svolge il servizio di trasporto pubblico locale nel capoluogo siciliano, ordinanza che, pronunciandosi su una questione processuale, mette la parola fine alla provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo ai danni di Amat.

Tale provvedimento del Tribunale è l’ennesima dimostrazione che il corretto utilizzo della tecnica processuale può fortemente influenzare il corso del procedimento, con risultati sostanziali assai positivi per il proprio Cliente.

L’ordinanza in esame, in particolare, acquisisce rilevanza come precedente giurisprudenziale, utile a fare chiarezza circa il carattere non impugnabile dell’ordinanza ex art. 649 c.p.c., con cui il giudice, ove ricorrano gravi motivi, può sospendere l’esecuzione provvisoria del decreto ingiuntivo.

La questione ha la sua rilevanza dal momento che, sia in dottrina che in giurisprudenza, la natura del citato provvedimento è stata oggetto di dibattito.

In sintesi, due sono gli orientamenti interpretativi contrastanti.

Un primo orientamento, valorizzando il dato sistematico e letterale dell’art. 649 c.p.c. (il quale dispone che il giudice sospenda l’esecuzione provvisoria del decreto ingiuntivo “con ordinanza non impugnabile”), ritiene inammissibile, avverso l’ordinanza ex art. 649 c.p.c., il reclamo previsto dall’art. 669 terdecies c.p.c. contro i provvedimenti cautelari.

Un secondo orientamento, al contrario, ritiene che detta ordinanza abbia natura cautelare e che, quindi, in forza dell’art. 669 quaterdecies c.p.c. (il quale dispone che le regole previste dagli artt. 669-bis e ss. c.p.c. in materia di procedimenti cautelari si applichino anche agli altri provvedimenti della medesima natura previsti dal codice civile e dalle leggi speciali), la stessa sia reclamabile ex art. 669 terdecies c.p.c.

Ciò premesso, questi, in breve, i fatti di causa.

In una vertenza relativa all’esecuzione di un contratto di appalto, la committente otteneva dal Tribunale di Palermo un decreto ingiuntivo nei confronti di Amat, avverso il quale quest’ultima proponeva opposizione.

Nel corso di tale giudizio di opposizione, il giudice, ritenuti sussistere i gravi motivi invocati da Amat ai sensi dell’art. 649 c.p.c., emetteva ordinanza di sospensione dell’esecuzione provvisoria del decreto ingiuntivo opposto.

Contro la suddetta ordinanza, la committente proponeva reclamo, contestando la legittimità di tale provvedimento di sospensione e sostenendo, in particolare, sulla scorta della Sent. n. 3979/2012 della Corte di Cassazione, la natura lato sensu cautelare dell’ordinanza ex art. 649 c.p.c., con conseguente applicabilità delle norme del rito cautelare uniforme. Amat, preliminarmente rilevata l’inammissibilità del reclamo avverso il menzionato provvedimento di sospensione, sosteneva, per converso, la legittimità dell’ordinanza emessa dal Tribunale di Palermo.

Successivamente, il giudice, a scioglimento della riserva assunta all’esito dell’udienza camerale, aderendo alla tesi sostenuta da Amat, rigettava il reclamo proposto dalla committente, dichiarandolo inammissibile.

In particolare, il giudicante riteneva che la “natura latamente cautelare” e “la conseguente applicabilità del rito cautelare uniforme”, dedotte dalla committente sulla base della citata Sent. n. 3979 2012 della Suprema Corte, “non consentono di superare il dato testuale contenuto nell’art. 649 cpc, tanto più ove si consideri che, secondo l’art. 669 quaterdecies c.p.c., le disposizioni relative al procedimento cautelare si applicano […] in quanto compatibili, agli altri provvedimenti cautelari previsti dal codice civile e dalle leggi speciali”. Ai fini di tale decisione sono risultate di fondamentale importanza le considerazioni svolte dalla difesa di Amat, anche attraverso il richiamo ad alcuni illuminanti precedenti giurisprudenziali in materia.

Segnatamente, i legali di Amat hanno efficacemente confutato l’assunto della committente, circa la natura latamente cautelare dell’ordinanza ex art. 649 c.p.c., con riferimento alla menzionata pronuncia n. 3979/2012 della Corte di Cassazione.

In questo senso, è stato evidenziato come tale sentenza – che, secondo la committente, avrebbe dovuto confermare la tesi della natura cautelare della citata ordinanza e, quindi, la sua reclamabilità ex art. 669-terdecies c.p.c.. – non avesse affatto equiparato la sospensione ai sensi dell’art. 649 c.p.c. alle misure cautelari. La Suprema Corte, difatti, in quel frangente si era limitata a definirla, peraltro soltanto incidentalmente, come un “provvedimento di natura lato sensu cautelare”, al quale possono applicarsi, in via analogica, alcune regole

del rito cautelare uniforme (nella fattispecie decisa dalla Corte, unicamente quelle relative al procedimento descritto nell’art. 669-sexies c.p.c.). Tuttavia, come ben evidenziato nel giudizio innanzi al Tribunale di Palermo, non si rinviene affatto, nelle parole usate dalla Cassa-zione, una completa assimilazione ai provvedimenti cautelari (significativo, in tal senso, è l’impiego dei termini “natura lato sensu cautelare”), né tantomeno si fa esplicita estensione dell’intero rito cautelare uniforme, ivi compreso il reclamo ex art. 669-terdecies c.p.c., alla misura (“solo latamente cautelare”), individuata nell’art. 649 c.p.c. Alla luce di quanto precede, venuto meno il presupposto su cui si fondava la tesi del reclamante, ossia la natura cautelare dell’ordinanza di sospensione suffragata da un mero obiter dictum della Corte di Cassazione nella vicenda de qua è stata, pertanto, esclusa l’applicazione dell’art. 669-terdecies c.p.c. con conseguente non impugnabilità del provvedimento ex art. 649 c.p.c. (la cui ammissibilità risultava, peraltro, preclusa anche in forza del principio di tassatività delle impugnazioni).

(A cura dell’Ufficio di Bologna 051 2750020)

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