natura chiarimenti appalto

 

I chiarimenti resi dalla Stazione Appaltante nel corso di una gara di appalto non hanno natura di provvedimento e quindi non possono costituire una integrazione o una rettifica della lex specialis.

Il Consiglio di Stato, con la sentenza 7793 del 7 settembre 2022, si è pronunciato su un tema già dibattuto dalla Giurisprudenza: quale sia la natura dei chiarimenti che la Pubblica Amministrazione rende in sede di gara d’appalto.

Il dubbio sulla natura dei chiarimenti della Amministrazione resi in sede di gara d’appalto

Il dubbio degli interpreti che ha sollevato le diverse pronunce sul tema è relativo alla natura dei chiarimenti, in particolare sulla loro portata integrativa e/o modificativa.

Questo tema ha notevole rilevanza nell’ambito dei contratti pubblici ed è oggetto di interesse da parte degli operatori economici, per questo è stato più volte affrontato e dibattuto.

Il caso che ha dato origine alla pronuncia del Consiglio di Stato (in secondo grado come appello di una sentenza emessa dal TAR Puglia) nasce dal ricorso per annullamento dell’aggiudicazione di una gara proposto dalla società classificatasi terza in graduatoria. Non le sono stati infatti riconosciuti alcuni punteggi sui quali la stessa aveva riposto affidamento, soprattutto valutando i chiarimenti al bando che la Stazione Appaltante aveva fornito.

La natura dei chiarimenti dell’Amministrazione e la Giurisprudenza

La Giurisprudenza si è più volte espressa ricordando che i chiarimenti forniti dalla Pubblica Amministrazione non sono «“strumenti” modificativi degli atti di gara, pena l’illegittima disapplicazione della lex specialis» (Così si è espresso il Consiglio di Stato nella sentenza n. 8873/2019).

In questo senso, infatti, l’Amministrazione aggiudicatrice deve sottostare al regolamento imperativo predisposto nella procedura di affidamento, non essendole consentito di disapplicarlo (Consiglio di Stato, sentenza n. 64/2022 e Consiglio di Stato Adunanza Plenaria, sentenza n. 9/2014).

La recente decisione del Consiglio di Stato ha, quindi, confermato la sentenza del TAR Puglia e ribadito i limiti di ammissibilità dei chiarimenti della Stazione Appaltante.

Secondo il Consiglio di Stato: «è sufficiente ricordare che i chiarimenti resi nel corso di una gara d’appalto non hanno alcun contenuto provvedimentale, non potendo costituire, per giurisprudenza consolidata, integrazione o rettifica della lex specialis» (Consiglio di Stato sez. V, 7 settembre 2022, n. 7793).

I chiarimenti sono quindi ammissibili solo se contribuiscono all’interpretazione del testo per renderne più chiaro e comprensibile il significato, ma non possono attribuire un significato e una portata diversa o maggiore di quella che risulta dallo stesso testo del bando di gara.

Nel caso trattato dall’ultima sentenza, a suo modo emblematica, invece, il chiarimento poteva indurre a modificare la ratio della clausola del disciplinare e quindi non era possibile tenerne conto.

L’ammissibilità dei chiarimenti della Pubblica Amministrazione, che sia Stazione Appaltante in una gara per appalto pubblico, va intesa nei limiti della mera interpretazione del testo.

Gli scopi dei chiarimenti sono la chiarezza e la maggiore comprensibilità del significato del bando, ma non possono portare all’attribuzione alle disposizioni di gara di un significato e di una portata differente o maggiore.

In questo caso, infatti, si sfocerebbe in una violazione del rigoroso principio formale della lex specialis.

 

A cura dell’Avv. Anna Razzabonianna.razzaboni@studiozunarelli.com

 

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