Con due recenti decisioni, la Corte di Cassazione ha affrontato la questione della giurisdizione in merito alle controversie insorte tra passeggeri e Ryanair, soffermandosi, in particolare, sulla clausola 2.4. delle condizioni generali di contratto di trasporto disposte dalla compagnia.

Tale clausola, in particolare al suo punto 2.4.2, prevede che “il passeggero potrà intentare procedimenti giudiziari nei confronti di Ryanair presso le competenti autorità giudiziarie. Tuttavia, le questioni relative alle richieste formulate ai sensi del Regolamento (CE) 261/2004 per le quali il Passeggero non si sia attenuto al rispetto delle clausole di cui agli articoli 15.2.1 e 15.2.7 dei presenti Termini Condizioni Generali di Trasporto, nonché per le questioni che non attengono ai diritti dei consumatori, saranno di competenza esclusiva dell’autorità giudiziaria irlandese.”

La sentenza n. 8802/2025 del 3 aprile 2025 delle Sezioni Unite e l’ordinanza n. 13191/2025, depositata il 18 maggio 2025 dalla Terza Sezione Civile, seppur in apparente disaccordo tra loro  sull’interpretazione e sull’efficacia di tale clausola, muovono su piani giuridici diversi, offrendo un quadro interpretativo più completo ed esaustivo che permette di operare una distinzione tra validità formale e potenziale abusività della clausola in questione.

L’ipotesi di giurisdizione irlandese

La prima delle due pronunce, la sentenza n. 8802/2025 delle Sezioni Unite Civili della Corte di Cassazione, ha tentato di chiarire la questione della giurisdizione nei casi di compensazione pecuniaria ai sensi del Regolamento CE n. 261/2004.

Il caso esaminato riguardava due passeggeri che avevano chiesto a Ryanair un indennizzo per un ritardo nella tratta Alghero-Treviso. Dopo la vittoria in primo grado presso il Giudice di Pace, il Tribunale di Sassari aveva dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice italiano, riconoscendo la validità alla clausola 2.4 che attribuisce la competenza esclusiva ai tribunali irlandesi.

Le Sezioni Unite hanno confermato la decisione del Tribunale affermando che, in assenza di un’eccezione di abusività sollevata dalla parte ricorrente, la clausola era stata validamente accettata dai passeggeri tramite l’acquisto online (modello “point and click“). La Cassazione ha quindi ritenuto che, nei casi in cui il contratto non sia riconducibile a un pacchetto turistico (comprensivo, dunque, sia del trasporto che dell’alloggio), non si applicano le norme sulla protezione del consumatore del Regolamento Bruxelles I bis, bensì le regole generali sulla giurisdizione previste dallo stesso regolamento, le quali ammettono una deroga convenzionale. Pertanto, la giurisdizione italiana è stata esclusa.

L’eccezione di vessatorietà della clausola

Di tutt’altro tenore è, invece, la sentenza n. 13191/2023 della Terza Sezione Civile della Cassazione. Nonostante si sia occupata di un caso analogo, la Corte ha seguito una logica giuridica differente, focalizzandosi sul carattere abusivo della clausola 2.4. Nel caso di specie, un passeggero aveva citato Ryanair per un ritardo aereo sulla tratta Venezia–Lamezia Terme. A seguito di una pronuncia favorevole del Giudice di Pace, il Tribunale di Venezia aveva dichiarato la giurisdizione del giudice irlandese, invocando la medesima clausola.

Questa volta, però, la Cassazione ha accolto il ricorso del passeggero, richiamando i principi espressi dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea nella sentenza C-519/19 del 18 novembre 2020. La CGUE ha chiarito che una clausola che attribuisce competenza esclusiva al foro del professionista (in questo caso Ryanair), inserita in un contratto non negoziato individualmente con il consumatore, può essere considerata abusiva ai sensi della Direttiva 93/13/CEE. Di conseguenza, la Cassazione ha stabilito che il giudice nazionale è tenuto a esaminare d’ufficio la possibile abusività della clausola, anche se non sollevata espressamente dalla parte, e a valutare le conseguenze giuridiche a tutela del consumatore.

Il framework interpretativo

Le due sentenze, sebbene appaiano divergenti, si fondano su presupposti differenti e non sono in reale contraddizione.

Con la sentenza delle Sezioni Unite (8802/2025), la Corte di Cassazione ha sancito la validità formale della clausola di proroga della giurisdizione. Tale decisione è stata adottata in assenza di un’eccezione di abusività e si fonda sull’esplicita accettazione del passeggero e sulla conformità al Regolamento 1215/2012.

Al contrario, la sentenza n. 13191/2023 ha affrontato direttamente la questione della tutela del consumatore, riconoscendo il potenziale carattere vessatorio e abusivo della clausola 2.4. Questa seconda pronuncia si allinea perfettamente con la giurisprudenza europea, sottolineando che non sia possibile far prevalere una clausola che limiti significativamente il diritto del consumatore ad agire nel proprio Stato.

Se, dunque, nella prima pronuncia si discute della forma, nell’altra l’attenzione è posta sul contenuto sostanziale della clausola, offrendo al giudice nazionale un più ampio quadro interpretativo sulla fattispecie.

In ogni caso, ciò che emerge dall’analisi degli interventi giurisprudenziali è che la giurisdizione del giudice italiano non può essere automaticamente esclusa: essa deve essere valutata caso per caso, verificando se la clausola sia stata accettata consapevolmente e negoziata equamente, oppure imposta unilateralmente in un contratto standard.

 

A cura del Dott. Paolo Gigante – Abilitato all’esercizio della professione forense (paolo.gigante@studiozunarelli.com)

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