L’art. 2 della legge 13 agosto 1984 n. 476 prevede espressamente che il “Pubblico dipendente ammesso ai corsi di dottorato di ricerca è collocato a domanda, compatibilmente con le esigenze dell’amministrazione, in congedo straordinario per motivi di studio senza assegni per il periodo di durata del corso ed usufruisce della borsa di studio ove ricorrano le condizioni richieste. In caso di ammissione a corsi di dottorato di ricerca senza borsa di studio, o di rinuncia a questa, l’interessato in aspettativa conserva il trattamento economico, previdenziale e di quiescenza in godimento da parte dell’amministrazione pubblica presso la quale è instaurato il rapporto di lavoro”.

La scarna disciplina normativa ha ingenerato frequenti incertezze sulla latitudine applicativa del beneficio del congedo retribuito del dottorando di ricerca pubblico dipendente, specialmente in occasione di eventi interruttivi allo stesso non imputabili, come nel caso di malattia o dell’avveramento di condizioni di difficile sussunzione nell’ipotesi normativa.

Il Consiglio di Stato, con decisione del 19 marzo 2013, n. 1608, ha affermato, ad esempio, che la previsione dell’art. 2 della legge cit. opera unicamente per i corsi di dottorato istituiti presso le Università italiane ed equipollenti.

Tuttavia il quesito interpretativo più dibattuto è andato saldandosi attorno alla questione centrale dell’ammissibilità o meno della sospensione del dottorato di ricerca per ragioni di salute e dei suoi riflessi sul rapporto di impiego con l’amministrazione.

Una soluzione ermeneutica, invero parziale, al problema è stata offerta, con Circolare 14 dicembre 2011, dal Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca scientifica.

Nell’atto in commento si ribadisce, anzitutto, che nel periodo di congedo straordinario assentito al pubblico dipendente per la frequenza del dottorato di ricerca non può farsi rientrare il tempo occorrente per la preparazione e la discussione della tesi ma, non di meno, ed è questo l’aspetto di interesse della Circolare, si afferma poi che “una deroga alla predetta disposizione deve tuttavia essere prevista a norma di quanto disposto dallo «Statuto dei diritti e doveri degli Studenti Universitari» … che al Titolo X … punto 55, testualmente recita «Lo studente di dottorato ha diritto di usufruire di periodi di sospensione per malattia, per maternità o per lavoro. Egli ha altresì diritto a chiedere un breve rinvio dell’esame finale di dottorato qualora ritenesse necessario un approfondimento della tematica di ricerca»”.

Ne consegue (per la citata Circolare) che “in conformità della predetta disposizione si verifica che i Collegi dei docenti, su richiesta dell’interessato e sulla base di idonea documentazione medica, proroghino la durata del corso di dottorato per il periodo corrispondente all’accertata malattia, ed è in tali casi che si ritiene opportuno da parte dei dirigenti scolastici, autorizzare la proroga del congedo per dottorato per un periodo massimo corrispondente alla durata della malattia”. Sebbene la Circolare ministeriale in commento sembri affermare un margine di discrezionalità dell’amministrazione nel concedere la proroga retribuita del congedo per ragioni di salute, ed infatti impiega l’espressione “opportunità”, dall’altra parte il riferimento, expressis verbis, al “collegio dei docenti” universitari appare attribuire questa scelta discrezionale ad un soggetto differente dall’amministrazione di appartenenza del pubblico dipendente.

La discrezionalità, come noto, implica un giudizio di valore, dovendo il potere amministrativo essere esercitato per la soddisfazione di un concreto interesse pubblico, differente dalla terzietà, che prescinde da una simile valutazione esprimendo piuttosto l’equidistanza fra interessi.

In realtà nel caso di specie sembra potersi riconoscere, in capo al “Collegio dei docenti”, al più una mera discrezionalità tecnica, attinente all’accertamento del rilievo della malattia sul normale decorso degli studi di dottorato, apparendo, la valutazione degli interessi pubblicistici rilevanti, operata già dallo Statuto dei diritti e doveri degli studenti universitari, norma di diretta attuazione dell’art. 34 della Costituzione, che stabilisce, come anche ricordato dall’amministrazione, il diritto per tutti i capaci e meritevoli di conseguire i più alti gradi degli studi ed attribuisce al dottorando il diritto di godere di una proroga del corso di studi in virtù di taluni eventi nominalmente elencati.

(A cura dell’Ufficio di Bologna – Avv. Antonio Salamone – 051 2750020)

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