Dopo soli quattro mesi dal deposito del ricorso introduttivo (avvenuto alla fine del settembre 2013), il 28 gennaio 2014 il Tribunale di Trieste ha condannato il committente del trasporto a pagare al vettore effettivo i compensi che non gli erano stati corrisposti dal vettore contrattuale.

Il subvettore, in forza di quanto previsto dall’art. 7 ter d.lgs. 286/2005, ha agito nei confronti del committente il trasporto ricorrendo al procedimento di cognizione sommaria, previsto dall’art. 702 bis c.p.c., all’esito del quale il Tribunale adito ha pronunciato la citata ordinanza.

La decisione pronunciata dal Tribunale di Trieste si segnala non soltanto per i profili sostanziali, trattandosi di una delle prime applicazioni, ad opera della giurisprudenza di merito, della normativa di cui all’art. 7 ter d.lgs. 286/2005, ma altresì per quelli processuali.

Sotto il primo profilo, al subvettore, notoriamente parte debole delle complesse vicende del trasporto di cose, è stata riconosciuta azione diretta nei confronti di tutti coloro che hanno ordinato il trasporto, coobbligati in solido, per ottenere il pagamento del corrispettivo.

Non si tratta, peraltro, di pronuncia isolata: infatti già nei mesi scorsi altre sedi dello Studio, avvalendosi del procedimento monitorio, avevano ottenuto dal Tribunale di Pescara e dal Tribunale di Milano la condanna dei committenti il trasporto a pagare ai vettori effettivi i corrispettivi loro dovuti.

Dunque, più che per ragioni di carattere sostanziale, la decisione in commento si segnala piuttosto per i profili di carattere processuale: essa è stata infatti pronunciata in forma di ordinanza provvisoriamente esecutiva ed emessa all’esito del procedimento sommario disciplinato dall’art. 702 bis c.p.c.

Tale disposizione (assieme agli artt. 702 ter e 702 quater c.p.c.) regola il c.d. procedimento sommario di cognizione, procedura particolarmente snella che prevede che la conoscenza dei fatti per la decisione non venga acquisita attraverso i mezzi di prova tipici, ma attraverso un’istruttoria particolarmente semplificata la cui concreta determinazione è rimessa alla discrezionalità del giudice, il quale per la formazione del proprio convincimento potrà attingere anche a fonti di prova atipiche.

L’ordinanza che definisce tale procedimento è equiparabile in tutto e per tutto ad una vera e propria sentenza ed è appellabile nel ristretto termine di 30 giorni.

Nell’assenza di precedenti editi in materia, il provvedimento del giudice triestino appare la prima condanna ex art. 7 ter d.lgs. 286/2005 pronunciata mediante l’agile strumento processuale appena descritto.

(A cura dell’Ufficio di Trieste – Avv. Federica Fantuzzi – 040 7600281)

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