L’Unione Europea è intervenuta ancora una volta in materia di antitrust con una Direttiva (2014/104UE) che è destinata ad incidere in maniera significativa sul diritto al risarcimento del danno subito, da consumatori imprese o autorità pubbliche, a causa di intese anticoncorrenziali o abuso di posizione dominante.

L’obiettivo del Legislatore comunitario è quello di garantire in tutta l’Unione Europea una più efficace applicazione del diritto antitrust, attraverso la creazione di un sistema uniforme ed unitario, eliminando così le differenze, ancora oggi esistenti, all’interno dei singoli ordinamenti nazionali per ciò che concerne il grado di tutela delle vittime di condotte anticoncorrenziali.

Molteplici sono gli elementi di novità introdotti dalla Direttiva, a cui l’Italia dovrà adeguarsi entro il 2016.

In particolare, sono previsti nuovi strumenti per facilitare il reperimento delle prove da parte del soggetto danneggiato. La Direttiva introduce infatti, per la prima volta, un obbligo di discovery in capo all’impresa danneggiante, a terzi o alla stessa Autorità antitrust, i quali a fronte di un ordine di esibizione del giudice, saranno tenuti a divulgare le prove relative alla violazione lamentata. Grazie all’introduzione del regime della discovery, il soggetto che assuma di essere vittima di un danno derivante da condotte anticoncorrenziali, e che non abbia la possibilità di accedere a determinate prove, potrà formulare una istanza motivata al giudice chiedendo che dette prove vengano esibite da parte dei soggetti che ne siano in possesso.

Tuttavia, se da un lato il Legislatore si è preoccupato di fornire un così importante strumento di tutela a favore del soggetto danneggiato, dall’altro ha dovuto operare necessariamente un delicato bilanciamento degli interessi coinvolti, limitando tale diritto del danneggiato attraverso il divieto di divulgazione di alcune categorie di documenti, quali le proposte transattive e le dichiarazioni rese nell’ambito dei programmi di clemenza.

Sempre restando nell’ambito delle prove, è stato inoltre previsto un sistema di presunzione legale, in base al quale la presenza di “cartelli” deve essere sempre considerata, salvo prova contraria, quale fonte di danno al mercato. Conseguentemente, chi ritiene di essere tra i destinatari di tali danni non dovrà più dimostrare che un determinato cartello abbia causato effetti dannosi, ma dovrà solamente provare che quei determinati effetti dannosi (presunti ex lege) si siano prodotti nella sua sfera economica e in che misura.  La presenza di cartelli è peraltro considerata fonte di responsabilità solidale tra le imprese cha abbiamo concordemente e congiuntamente violato il diritto della concorrenza con il proprio comportamento, ampliando così la possibilità, in capo al soggetto danneggiato, di ottenere il risarcimento del danno subito.

Si resta dunque in attesa di conoscere quali saranno le linee guida emanate da parte della Unione Europea per la quantificazione dei danni da parte dei soggetti lesi, nonché da parte dello stesso giudice, al quale verrà comunque lasciata la possibilità di decidere in via equitativa, nel caso in cui la quantificazione del danno risulti eccessivamente gravosa.

Da ultimo, ma non per importanza, vi è l’intervento del Legislatore in merito al rapporto tra l’Autorità antitrust nazionale e il giudice civile, da sempre oggetto di continue discordie: con l’adeguamento dell’Italia alla Direttiva, le decisioni definitive (in quanto inoppugnabili) assunte dall’Autorità antitrust nazionale che accertino la presenza di una violazione, non potranno essere oggetto di successivo sindacato da parte del giudice civile, il quale dovrà prendere atto di quanto disposto dall’Autorità e pronunciarsi in merito alla sola domanda di risarcimento danni. Diversa è invece l’ipotesi in cui la decisione sia assunta da una Autorità antitrust transnazionale, la quale potrà essere prodotta in giudizio e assunta da parte del giudice nazionale, quale elemento di prova indiziario della violazione.

È evidente quindi la portata che tale Direttiva avrà all’interno del nostro ordinamento, sia dal punto di vista sostanziale che procedurale, e non resta che attendere di vedere come l’Italia recepirà e attuerà gli obiettivi imposti dall’Unione, essendo medio tempore ragionevole attendersi che i giudici assumano sin da subito un orientamento conforme a quanto previsto dalla Direttiva.

(a cura dell’Ufficio di Bologna – Avv. Elisabetta Sgattoni – 051 2750020)

Seguici sui social: