Con una flotta di 141 navi portacontainer la Hanjin Shipping è la prima compagnia di trasporto di container della Corea del Sud, e la settima del mondo. O meglio, lo era. La Hanjin ha, infatti, chiesto ed ottenuto l’ammissione alla procedura dell’amministrazione controllata, le cui implicazioni vanno ben oltre il territorio della Corea del Sud, tanto che è lecito definire la crisi di Hanjin, quale mera punta dell’iceberg rappresentato dalla crisi strutturale che sta attraversando il trasporto marittimo. Pochi giorni dopo, Hanjin Italy S.p.A., agente esclusivo di Hanjin Shipping in Italia ha votato la propria messa in liquidazione volontaria.

In ragione di tale stato di crisi, un numero non ancora chiarito di navi porta container (dalle 65 alle 85 navi) cariche di merci, per un valore complessivo di circa 14 miliardi di dollari, si trovano “alla deriva” in una situazione di stallo: molti porti, infatti, rifiutano l’approdo delle navi Hanjin dal momento che gli operatori temono che Hanjin non sia in grado di far fronte ai corrispettivi previsti per i servizi portuali, dall’altro la stessa Hanjin evita l’ingresso nei porti di destino per timore di subire sequestri su istanza dei numerosi creditori.

Questo caotico scenario è a base da cui sta nascendo un intenso contenzioso che coinvolge dai produttori, ai caricatori, dagli spedizionieri ai destinatari delle merci, oltre che – naturalmente – la Hanjin Shipping e i suoi Agenti.

Poiché una considerevole parte del traffico marittimo operato da Hanjin è rivolto da e verso gli Stati Uniti, attraverso le rotte del Pacifico, negli U.S.A. qualcosa si è mosso. Hanjin Shipping ha, infatti, presentato istanza al fine di avvalersi della tutela offerta dal Chapter 15 della legge fallimentare statunitense, così ottenendo che le proprie navi fossero messe al riparo da eventuali istanze cautelari da parte dei creditori.

Nonostante la tutela riconosciuta dalla legge fallimentare statunitense, nei tribunali federali sono stati intrapresi numerosissimi procedimenti contro la Hanjin Shipping da parte di soggetti che, a vario titolo, vantano ingenti crediti nei confronti di quest’ultima.

Ci si può, dunque e a maggior ragione, aspettare una lunga scia di contenziosi in tutto il mondo, complicati dal fatto che la flotta Hanjin è solo in parte di proprietà della compagnia sudcoreana: in relazione a numerose navi, Hanjin Shipping è solo conduttrice, il che non fa che aprire un ulteriore fronte di contenzioso civile.

In Italia, in un primo momento, il Ministro Delrio aveva avanzato l’ipotesi di applicazione di una sorta di “protezione legale” alle navi Hanjin dirette ai porti italiani, al fine di evitare iniziative individuali dei creditori e consentire la consegna a destino dei container caricati.

Il problema è che l’ordinamento italiano non consente un meccanismo di protezione analogo a quello offerto dal Chapter 15 statunitense, con la conseguenza che Hanjin preferisce che le navi dirette in Italia attracchino in porti limitrofi non italiani, come ad es. a Valencia, al fine di scongiurare inevitabili sequestri.

In attesa di conoscere l’esito della procedura concorsuale, l’attuale quadro di fatto e di diritto non può, quindi, che destare grande preoccupazione in tutti gli operatori del trasporto marittimo, ognuno dei quali – a vario titolo – è gravemente esposto agli eventi ed ai conseguenti contenziosi.

(A cura dell’Avv. Stefano Campogrande – stefano.campogrande@studiozunarelli.com)

 

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