Le criticità più spinose che caratterizzano la vita di un contratto avente ad oggetto lo svolgimento di servizi di logistica integrata riguardano gli ammanchi inventariali. Tecnicamente l’ammanco sta a indicare la perdita fisica di uno o più beni, cui corrisponde, quindi, un danno economico. L’entità del danno è tanto più rilevante quanto meno è regolarizzata contrattualmente la dinamica dei flussi in magazzino. Ciò si riassume in un binomio: “inventario fisico” e “inventario contabile”. Quando i due elementi di questo binomio non collimano o, comunque, il gap tra i due è molto ampio, gli operatori logistici vengono responsabilizzati dalla propria clientela e sono esposti a richieste di pagamento anche per importi considerevoli.

Ma perché si verificano gli ammanchi? Nei casi più semplici, si tratterà di un mero inadempimento dell’operatore logistico dovuto a negligenza o imperizia, agevolmente dimostrabile in termini giuridici come violazione delle obbligazioni contrattualmente assunte dall’appaltatore; ma le cose si complicano quando le responsabilità per danni da ammanchi sono meno palesi e si estrinsecano in complessi meccanismi operativi, di portata più pratica che giuridica.  Ben può configurarsi una ipotesi di responsabilità dell’operatore logistico anche in presenza di un (apparente) impeccabile sistema di tracciabilità in cui:
(a) il magazzino è dotato di un efficiente software;
(b) i beni sono contrassegnati dal sistema del bar code;
(c) le entrate e le uscite dei beni sono registrate in prebolle e successivamente nei DDT;
(d) gli elenchi di merce vengono spuntati dal personale all’atto del prelievo.

Nel momento in cui l’operatore logistico responsabilizzato per ammanchi fornisce la prova documentale di tale operatività, l’ammanco – anche se effettivamente subito dal cliente – tecnicamente c’è, ma non esiste! La corretta tracciatura nel software dei flussi in uscita non è sinonimo di corretta gestione dei lotti nella movimentazione della merce.

Non è, quindi, corretto esaurire ogni accertamento di responsabilità contrattuale nella disamina del gestionale telematico che viene condiviso dalle parti, a nulla rilevando che vi sia corrispondenza tra ciò che viene tracciato con il codice a barre e ciò che la committente elenca nella prebolle e che poi risulta documentato nei DDT.

Le irregolarità possono insediarsi, ad esempio, nel processo del prelievo fisico della merce e del suo approntamento per la spedizione nei circuiti distributivi.   In tal caso, solo l’inventario fisico costituisce il vero ed imprescindibile dato cui comparare le risultanze del magazzino contabile/virtuale.

In tale prospettiva, la tutela preventiva più efficace è quella di prevedere in contratto l’impegno delle parti di eseguire, in contraddittorio, a cadenze temporali ristrette, una verifica tra le risultanze dell’inventario fisico e quelle dell’inventario contabile, mediante una procedura condivisa e ben disciplinata, da un punto di vista sia giuridico che operativo.

Solo specifiche clausole contrattuali opportunamente inserite nei format sottoscritti dalle parti possono offrire un concreto strumento di tutela, ed evitare che il contenzioso sia portato nelle aule giudiziarie, con tutte le problematiche che ne conseguono, specie in termini di onere probatorio.

Ma questa è un’altra storia che merita una trattazione a parte…

 

A cura dell’Avv. Stefano Campogrande (stefano.campogrande@studiozunarelli.com)

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