L’avvento nella nostra quotidianità di nuove tecnologie informatiche e di nuovi mezzi di comunicazione ha portato gli operatori del diritto ad adattare alla realtà odierna, attualizzandoli al mutato contesto in cui si intercalano, svariati istituti giuridici presenti nel nostro ordinamento. Si osserva, tra questi, un tentativo di riforma nelle modalità di irrogazione del licenziamento, il quale trova le sue radici in una normativa a tratti risalente e non aggiornata al contesto in cui viviamo.

In considerazione della necessità e dell’utilizzo, sempre più diffuso, di forme di comunicazione immediate, e  spesso attraverso l’uso di social network, di email o di applicazioni di messaggistica, alcuni Tribunali italiani hanno affermato, attraverso una interpretazione analogica ed estensiva della normativa di cui all’art. 2, L. 604/66, come anche il licenziamento, in talune circostanze, possa legittimamente essere comminato via sms o per mezzo di WhatsApp.

Tali strumenti, come ritenuto ed evidenziato, manterrebbero infatti saldo l’elemento essenziale ed imprescindibile di ogni licenziamento, la forma scritta (richiesta dalla normativa in vigore a pena di inefficacia del medesimo).

Ebbene, sulla base di quanto sopra, con ordinanza del 27.06.2017 il Tribunale di Catania – sez. Lavoro – ha statuito che il licenziamento intimato ad un dipendente a mezzo Whatsapp avesse pienamente assolto l’onere della forma scritta di cui all’art. 2 della L. 604/1966 e, per tali ragioni, dovesse considerarsi valido ed efficace.

Più precisamente, il Tribunale siciliano ha fondato il proprio ragionamento logico-giuridico in forza di un principio considerato pacifico in seno alla Suprema Corte secondo cui “in tema di forma scritta del licenziamento prescritta a pena di inefficacia, non sussiste per il datore di lavoro l’onere di adoperare formule sacramentali”, potendo ” la volontà di licenziare [… ]essere comunicata al lavoratore anche in forma indiretta, purché chiara” (Cass., civ. sez. lav., 13 agosto 2007, n. 17652, ove è stata ritenuta corretta la decisione del giudice di merito, secondo cui “la consegna del libretto di lavoro[…] da parte della società con l’indicazione della data di cessazione del rapporto deve essere considerato atto formato di recesso“; in tal senso, v. anche Cass., civ. sez. lav., 18 marzo 2009, n. 6553).

Nel caso di specie, pertanto, è stato ritenuto pienamente legittimo l’utilizzo da parte del datore di lavoro della famosa applicazione di messaggistica istantanea per comminare il licenziamento ad un proprio dipendente poiché idoneo ad assolvere i requisiti formali previsti dalla normativa in vigore.

Del pari, si registrano provvedimenti conformi del Tribunale di Genova, che con sentenza del 5 aprile 2016 ha ritenuto formalmente corretto (vale a dire intimato per iscritto) un licenziamento comunicato tramite sms, e della Corte d’Appello di Firenze che con sentenza del 5 luglio 2016 è pervenuta alle medesime conclusioni.

Sebbene le pronunce in esame siano ben lungi dal considerarsi pacifiche ovvero definitivamente risolutive sul punto, occorre prendere atto della portata innovatrice di tali provvedimenti, che pongono le basi a nuove modalità interpretative volte, senza dubbio, a meglio conciliare la vigente disciplina giuslavoristica con l’odierna realtà, in cui le comunicazioni quotidiane tra soggetti avvengono efficacemente con il supporto di tali nuovi strumenti informatici e tecnologici.

 

(A cura del Dipartimento Diritto del Lavoro – Avv. Marcello Giordanimarcello.giordani@studiozunarelli.com)

Seguici sui social: