Alla cessazione del rapporto – sia a termine sia a tempo indeterminato – spetta all’agente un’indennità che, attualmente, è disciplinata diversamente dalla legge e dagli Accordi Economici Collettivi.

L’indennità di cessazione del rapporto in virtù dell’AEC è composta da tre emolumenti:

Indennità di risoluzione del rapporto (Firr): riconosciuta all’agente anche se non vi sia stato da parte sua alcun incremento della clientela e/o del fatturato. È calcolata sulla base delle provvigioni maturate e liquidate fino al momento della cessazione. L’indennità de qua è stabilita nella misura del 3% dell’ammontare delle provvigioni liquidate nel corso del contratto con i limiti di cui all’art. 13, capo I dell’AEC.

Indennità suppletiva di clientela: se il contratto di scioglie ad iniziativa della casa mandante per fatto non imputabile all’Agente, sarà corrisposta direttamente dalla preponente all’Agente in aggiunta all’indennità di cui al punto che precede. Da calcolarsi sull’ammontare globale delle provvigioni per le quali è sorto il diritto al pagamento per tutta la durata del rapporto. Calcolo per l’indennità relativa ad affare conclusi successivamente al 1° gennaio 1989:

  1. 3% sulle provvigioni maturate nei primi tre anni di durata del rapporto di agenzia;
  2. 3,50% sulle provvigioni maturate dal quarto al sesto anno compiuto;
  3. 4% sulle provvigioni maturate negli anni successivi.

L’indennità de qua sarà altresì corrisposta – sempre che il rapporto sia in atto da almeno un anno – in caso di dimissioni dell’agente dovute a:

* invalidità permanente e totale;

* infermità e/o malattie per le quali non può essergli ragionevolmente richiesta la prosecuzione del rapporto;

* conseguimento di pensione di vecchiaia e/o anticipata e/o APE Enasarco e/o Inps;

* per circostanze attribuibili al preponente;

* in caso di decesso (in favore di eredi).

Indennità meritocratica: riconosciuta ed erogata solo qualora l’attività dell’agente abbia comportato un aumento di fatturato con la clientela esistente e/o con clientela di nuova acquisizione e, in ogni caso, qualora l’importo complessivo di indennità di risoluzione del rapporto ed indennità di suppletiva di clientela sia inferiore al valore massimo previsto dal terzo comma dell’art. 1751 c.c. (“L’importo dell’indennità non può superare una cifra equivalente ad un’indennità annua calcolata sulla base della media annuale delle retribuzioni riscosse dall’agente negli ultimi cinque anni e, se il contratto risale a meno di cinque anni, sulla media del periodo in questione”).

Non dovuta quando:

* l’agente recede dal contratto, a meno che il recesso sia giustificato da circostanze attribuibili al preponente o da circostanze attribuibili all’agente, quali età, infermità o malattia per le quali non può più essergli ragionevolmente chiesta la prosecuzione dell’attività;

* ai sensi di un accordo con il preponente, l’agente cede ad un terzo i diritti e gli obblighi che ha in virtù del contratto di agenzia.

Fatta eccezione per il primo emolumento (sempre da corrispondersi), le altre componenti dell’indennità non saranno riconosciute nelle ipotesi di scioglimento del rapporto ad iniziativa della casa mandante motivate da una fattispecie di ritenzione indebita di somme di spettanza della preponente.

L’indennità di legge ai sensi dell’art. 1751 c.c. è unica e va corrisposta all’agente solo qualora i verificano congiuntamente le seguenti condizioni:

  1. L’agente abbia procurato nuovi o abbia sensibilmente sviluppato gli affari con i clienti esistenti e il preponente continui, anche dopo la cessazione del rapporto, a ricevere ancora sostanziali vantaggi derivanti dagli affari conclusi con tali clienti;
  2. Il pagamento dell’indennità sia equo, tenuto conto di tutte le circostanze del caso, in particolare delle provvigioni che l’agente perde e che risultano dagli affari con tali clienti.

La misura dell’indennità – che non viene comunque erogata quando l’agente non soddisfa le condizioni sopra indicate – può arrivare fino ad un massimo equivalente ad un’indennità annua calcolata sulla base della media delle provvigioni riscosse dall’agente negli ultimi anni (o se il contratto dura meno di 5 anni, sulla media del minor periodo lavorato).

Il diritto all’indennità decade se nel termine di un anno dalla risoluzione del contratto l’agente non la richiede.

In seguito alla pronuncia della Corte di Giustizia UE (C.Giust. CE/23 marzo 2006 C-465/04), l’orientamento giurisprudenziale prevalente ritiene che le indennità previste dagli AEC costituiscano un “trattamento minimo garantito” per l’agente che gli va dunque sempre corrisposto. L’agente che contesta la quantificazione dell’indennità nella misura prevista dagli AEC, può ricorrere al Giudice per richiedere l’indennità di legge (liquidata in misura superiore).

Anche con riferimento alla Giurisprudenza che si è formata nel corso degli anni quello che è emerge è la necessaria applicazione all’agente della disciplina maggiormente favorevole. Qualora, pertanto, la legge conduca ad un trattamento in concreto più favorevole all’agente (poiché segue un principio di equità nel calcolo delle indennità) rispetto alle disposizioni dell’AEC, dovrà preferirsi l’indennità di legge.

 

A cura di Avv. Marcello Giordani – Dipartimento di Diritto del Lavoro – marcello.giordani@studiozunarelli.com

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