La nuova disciplina introdotta dal Legislatore con la legge n. 31 del 12 aprile 2019 ha significativamente innovato lo strumento della class action, aprendo la possibilità di fare ricorso a tale procedimento anche a soggetti che non sono consumatori e permettendo di aderire all’azione anche solo a seguito dell’avvenuto accertamento dell’illecito.

 

Premessa

Nata nell’esperienza dei Paesi di common law (Stati Uniti in primis) e successivamente adattata anche in quelli di civil law, l’azione di classe nasce con il fine di promuovere l’economia processuale, evitando la proliferazione e la ripetizione di giudizi aventi ad oggetto la stessa materia del contendere.

In linea teorica, l’azione di classe svolge una funzione general-preventiva, disincentivando le pratiche scorrette di tutte quelle imprese che, forti della posizione economica di vantaggio, non si sentirebbero minacciate dalle esigue richieste risarcitorie dei singoli, ma incorrerebbero al contrario in enormi responsabilità economiche a fronte di un’azione collettiva.

Ed è proprio a favore dei consumatori – parti notoriamente deboli nei rapporti contrattuali – che è stata inserita all’interno del Codice del Consumo la disciplina della class action, volta a tutelare i diritti individuali omogenei, derivanti da un rapporto di consumo. L’azione di classe può pertanto essere definita come uno strumento di parificazione sociale per tutti quei soggetti c.d. deboli che, a causa della lievità dei danni subiti, non sarebbero altrimenti propensi ad esperire l’azione giudiziale, caratterizzata da elevati costi e dai rischi di una soccombenza.

Tuttavia, da noi, la ristrettezza dei soggetti che possono usufruire dell’azione di classe, nonché l’esiguità delle materie oggetto di accertamento tramite tale strumento, hanno contribuito a determinare il poco utilizzo del procedimento.

Recentemente, pertanto, con legge n. 31, del 12 aprile 2019, il Legislatore ha riformato in maniera organica l’intera disciplina in materia di azione di classe e azione inibitoria collettiva contenuta nel Codice del Consumo, introducendo il nuovo Titolo VIII-bis (articoli da 840-bis a 840-sexiesdecies), rubricato “Dei procedimenti collettivi”, all’interno del Libro VI del Codice di Procedura Civile.

Tale nuova normativa, che sarebbe dovuta entrare in vigore già il 19 aprile 2020, a seguito di un differimento contenuto nel c.d. Decreto Milleproroghe (D.L. n. 162/2019, convertito in l. n. 8/2020), diverrà efficace – salvo ulteriori rinvii – il 19 novembre 2020.

 

Il nuovo ambito di applicazione

La prima grade novità rispetto alla disciplina contenuta nel Codice del Consumo riguarda l’ambito di applicazione oggettivo. L’azione di classe sarà, infatti, esperibile, senza distinzione, da tutti coloro che desiderino avanzare pretese di natura risarcitoria in relazione alla lesione di “diritti individuali omogenei”.

Come già accennato, sino alla riforma, l’azione di classe riguardava solo il contenzioso inerente ai “rapporti di consumo” (art. 140-bis del Codice del Consumo). Da novembre, invece, tale limite oggettivo cadrà. In altre parole: si prescinderà dalla qualifica di consumatore del danneggiato, lasciando spazio alla tutela di tutte quelle fattispecie in cui il singolo illecito comporti effetti pregiudizievoli per una pluralità di soggetti (si pensi agli illeciti ambientali o in materia di sicurezza sul lavoro), oppure di tutti quei casi in cui una pluralità di condotte illecite determino conseguenze dannose in capo a una pluralità di soggetti (come ad esempio accade nei casi di pratiche commerciali scorrette o di frodi finanziarie).

L’unico requisito espressamente previsto dal Legislatore ai fini della formazione della classe – e quindi necessario per la proposizione della domanda giudiziale – sarà quello dell’omogeneità dei diritti lesi. In particolare, tale requisito deve intendersi soddisfatto, alla luce della più recente giurisprudenza, in presenza di diritti individuali che originano da un medesimo fatto illecito che abbia dato vita a un unico danno-evento.

Sarà invece irrilevante la differenziazione sotto il profilo del danno-conseguenza: ciò che conta non è quindi l’ammontare del danno subito da ciascun componente della classe, quanto piuttosto la possibilità di applicare un criterio comune e uniforme per il calcolo del risarcimento individuale.

Seconda importante novità introdotta dalla Riforma in parola è costituita dall’ampliamento della legittimazione attiva alla proposizione della class action: oltre che a ciascun componente della classe, anche le organizzazione o associazione senza scopo di lucro (i cui obiettivi statutari comprendano la tutela dei diritti individuali omogenei), potranno beneficiare dell’istituto, previa iscrizione presso l’apposito elenco istituito presso il Ministero della Giustizia (cc.dd. enti esponenziali).

Ciò significa che gli enti esponenziali da novembre potranno pienamente assumere il ruolo di ricorrenti, ad oggi a loro precluso: l’attuale disciplina, contenuta nell’articolo 140-bis del Codice del Consumo, prevede infatti che tali enti possano unicamente svolgere il ruolo di rappresentanti all’interno del giudizio, che deve in ogni caso essere introdotto dal consumatore, e, al più, sono legittimati ad esperire iure proprio la sola azione a carattere inibitorio/ripristinatorio di cui all’articolo 140 del Codice del Consumo.

Le principali novità nello svolgimento del processo di classe

Lo svolgimento del giudizio, così come delineato dalla Riforma contenuta nella legge n. 31/2019, è connotato da una suddivisione in tre fasi distinte (contrariamente alle due precedentemente previste):

  • la prima ha ad oggetto la valutazione dell’ammissibilità dell’azione di classe;
  • la seconda è destinata al raggiungimento della decisione nel merito e, nel caso di accoglimento del ricorso, alla definizione dei caratteri dei diritti individuali omogenei lesi e dei criteri da adottare nel corso della terza fase, che ha ad oggetto la liquidazione del danno;
  • la terza (meramente eventuale) ha carattere liquidatorio. In tale contesto, pertanto, il giudice adito quantifica il risarcimento dovuto dal convenuto soccombente nei confronti dei singoli aderenti alla classe.

Deve innanzitutto rilevarsi che il Legislatore italiano, nel disciplinare il processo di classe, ha inteso dedicare particolare attenzione al tema della pubblicità dell’azione, in modo da assicurarne la più ampia conoscenza possibile tra i componenti della classe.

La class action italiana, infatti, a differenza di quella di matrice anglosassone – ed in particolare di quella statunitense, fondata sul meccanismo di opt-out – si basa su un meccanismo di opt-in, ossia accolla ai componenti della classe l’onere di aderire al giudizio. In assenza di tale attività, i soggetti non aderenti, seppur concretamente lesi, non potranno ottenere il ristoro dei danni patiti durante la terza fase liquidatoria.

In particolare, la nuova class action prevede due distinte finestre temporali nel corso delle quali i componenti della classe potranno aderire al contenzioso:

  • al termine della prima fase, ossia in seguito alla pubblicazione integrale sulla piattaforma pubblica del Ministero della Giustizia del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza con il quale il tribunale si è pronunciato in senso favorevole all’ammissibilità dell’azione;
  • al termine della seconda fase, ossia in seguito alla pubblicazione sulla piattaforma pubblica del Ministero della Giustizia della sentenza con la quale il giudicante ha ritenuto fondata l’azione e ha pertanto già condannato il convenuto al risarcimento dei danni provocati.

In proposito, risulta particolarmente interessante notare come nella nuova procedura sia di fondamentale importanza il ruolo informativo svolto dalla piattaforma del Ministero della Giustizia. Questa assicura, infatti, una maggiore conoscibilità della class action intentata rispetto a quanto previsto dalla disciplina dettata dall’articolo 140-bis del Codice del Consumo. Nell’azione di classe di stampo consumeristico, infatti, la “più opportuna pubblicità” dell’azione era demandata alle disposizioni del giudice, con spese ad esclusivo carico della parte attrice.

L’assoluto punto di svolta della nuova class action risiede però nella previsione relativa alla seconda finestra temporale dedicata alle adesioni dei componenti della classe. Presumibilmente e verosimilmente, sarà proprio questa la fase nella quale si avrà il maggior numero di adesioni, in quanto, a differenza della prima finestra temporale, l’illecito sarà già stato accertato e i soggetti che si ritengano danneggiati dalla condotta del convenuto condannato saranno chiamati ad allegare solamente la documentazione probatoria relativa alla titolarità del diritto individuale omogeneo leso e alla quantificazione del danno subìto.

È evidente, dunque, che i soggetti che intervengono nella seconda fase potenzialmente non subiranno il rischio processuale, giovandosi della già intervenuta condanna e della liquidazione che verrà disposta dal giudice al termine della terza fase del procedimento (c.d. fase liquidatoria).

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In definitiva, la nuova class action si candita ad essere un valido strumento di tutela dei diritti individuali omogenei e ad essere in futuro largamente utilizzata non solo per l’ampliamento dell’ambito oggettivo di operatività, ma anche grazie agli evidenti vantaggi processuali che offre rispetto all’azione giudiziaria tradizionale.

 

(A cura dell’Avv. Federico Tassinari, Associate, federico.tassinari@studiozunarelli.com, e del Dott. Sebastiano Tosi, Trainee Lawyer, sebastiano.tosi@studiozunarelli.com)

CategoryDiritto civile

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