Il Tribunale di Catania, accogliendo le argomentazioni degli Avv.ti Prof. Massimo Campailla ed Elisabetta Sgattoni, ha recentemente chiarito che è onere dei difensori verificare che il deposito delle memorie istruttorie sia regolarmente avvenuto, senza possibilità di rimessione in termini in caso di mancato deposito per fatto imputabile alla parte.

 

Il caso

Nel corso di un procedimento instaurato avanti il Tribunale di Catania nei confronti una società cliente dello Studio, in occasione del termine perentorio relativo al deposito della seconda memoria istruttoria (articolo 183, comma 6, n. 2 del Codice di procedura civile), la controparte produceva in giudizio – probabilmente per errore in fase di predisposizione del deposito telematico – un foglio bianco e una serie di documenti privi di commento o descrizione. Di fatto, pertanto, parte avversaria non depositava la citata memoria, decadendo dal diritto di proporre ulteriori istanze istruttorie e di controdedurre alle argomentazioni svolte dallo Studio Zunarelli in occasione dei precedenti scritti difensivi.

Avvedutasi in estremo ritardo del vizio caratterizzante il proprio deposito, la controparte formulava al Giudice istanza di rimessione in termini ai sensi dell’articolo 153 del Codice di procedura civile, adducendo che l’errore nel deposito sarebbe dipeso da problemi informatici.

Parte avversa, attraverso la citata istanza, mirava pertanto ad ottenere la possibilità di depositare, nonostante la scadenza del termine processuale, la seconda memoria istruttoria, la quale – come noto – molto spesso assume un’importanza cruciale ai fini dell’esito dei processi civili.

 

Le argomentazioni dello Studio Zunarelli

Come è noto, le norme di procedura civile del nostro ordinamento sono informate a criteri di celerità e certezza, al fine di garantire uno svolgimento quanto più ordinato e rapido possibile dei processi.

Coerentemente con ciò, la disciplina del processo ordinario di cognizione di cui agli articoli 163 e seguenti del Codice di procedura civile scandisce attraverso termini ordinatori e perentori le attività del Giudice e, soprattutto, delle parti.

In particolare, i termini di cui all’articolo 183, comma 6, sono espressamente ricondotti dal legislatore nell’alveo di quelli perentori.

Il mancato rispetto dei termini perentori determina una decadenza in capo alla parte che non li rispetta, con perdita definitiva della possibilità di esercitare il diritto (o la facoltà) che avrebbe dovuto essere esercitato entro il termine violato.

Pertanto, la possibilità che il Giudice conceda una rimessione in termini in caso di mancato rispetto di termini di natura perentoria è possibile solo in eccezionali casi tassativamente previsti dalla legge e, comunque, quando sia provato che la parte è incorsa nella decadenza per causa ad essa non imputabile, quindi solo per caso fortuito o forza maggiore (cfr. articolo 153 Codice di procedura civile).

In definitiva, ai fini dell’accoglimento della rimessione in termini, la parte deve dimostrare due elementi essenziali:

  1. di essere incorsa in una decadenza;
  2. di esservi incorsa per causa ad essa non imputabile.

Ad avviso degli Avv.ti Massimo Campailla ed Elisabetta Sgattoni tali requisiti, nel caso di specie, non potevano ritenersi integrati.

 

Il principio di diritto espresso dalla sentenza del Tribunale di Catania

Nel contesto sopradescritto, il Giudice, in occasione della sentenza, ha accolto le tesi prospettate dallo Studio e ha definitivamente chiarito che è onere dei difensori verificare che il deposito degli atti sia regolarmente avvenuto e che tutta la documentazione inserita nella busta telematica, ivi compreso il cosiddetto atto principale, venga accettata dalla cancelleria e inserita all’interno del fascicolo telematico.

Nel caso in cui il deposito non venga, in tutto o in parte, accettato dalla cancelleria, affinché una istanza di rimessione in termini possa essere accolta dal giudicante è necessario che la parte fornisca puntuale prova circa:

  1. lo specifico contenuto del deposito (il numero e la natura dei documenti depositati in giudizio);
  2. il contenuto dei documenti depositati (ove, come nel caso di specie, uno dei documenti depositati risulti essere un semplice foglio bianco).

 

L’evoluzione tecnologica e la professione legale

Nell’ultimo decennio si è assistito a una sempre maggiore “informatizzazione” della professione legale, anche – e soprattutto – nell’ambito dell’amministrazione della giustizia.

Come noto, infatti, attraverso un lento ma costante processo di evoluzione tecnologica, il legislatore ha stabilito una sempre maggiore digitalizzazione delle attività processuali e para-processuali.

La pandemia da Covid-19 ha fornito un ulteriore impulso verso una maggiore digitalizzazione del settore della giustizia, stimolando l’adozione di soluzioni efficienti che potessero garantire la prosecuzione delle attività giudiziali (e di quelle connesse) anche in via esclusivamente telematica.

In un simile contesto in continua evoluzione, è evidente come l’effettiva tutela dei diritti dei singoli dipenda fortemente dall’approfondita conoscenza da parte dei professionisti delle modalità di funzionamento degli strumenti tecnologici dei quali l’amministrazione della giustizia fa largamente uso.

È quindi preciso onere della categoria forense aggiornare le proprie competenze informatiche al fine di poter efficacemente far fronte alle nuove modalità di svolgimento della professione legale e tutelare efficacemente i diritti dei propri assistiti.

 

Commento a cura dell’Avv. Sebastiano Tosi, Associatesebastiano.tosi@studiozunarelli.com

 

 

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