Ancora una volta, in tema di mediazione obbligatoria, assistiamo ad un contrasto giurisprudenziale. Due recenti sentenze, una del Consiglio di Stato e una del Tribunale di Firenze, hanno adottato due diverse interpretazioni in merito alla corretta applicazione dell’istituto. Da una lettura delle due sentenze sorge spontaneo chiedersi se il tentativo di mediazione possa intendersi correttamente esperito anche laddove le parti dichiarino la non esistenza dei presupposti per procedere alla stessa, oppure se sia necessario un concreto tentativo per raggiungere un accordo, a prescindere dall’iniziale esistenza di volontà. Ciò è peraltro fondamentale se si considera che la mediazione obbligatoria è una condizione di procedibilità dell’azione.

Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 5230, del 17 novembre 2015, dopo aver ricostruito l’evoluzione dell’istituto della mediazione obbligatoria (ricordiamo peraltro la pronuncia di illegittimità della Corte Costituzionale riguardo l’obbligatorietà della mediazione ed il successivo intervento del legislatore finalizzato alla reintroduzione dell’istituto) ha circoscritto l’obbligatorietà dell’istituto al solo primo incontro della mediazione. In altri termini, deve ritenersi soddisfatto il requisito procedurale, anche laddove le parti nel corso del tentativo di addivenire ad una soluzione in via di mediazione, si siano limitate a dichiarare l’insussistenza dei presupposti per definire amichevolmente la vertenza.

Di diverso avviso è, invece, l’orientamento espresso dal Tribunale di Firenze con la sentenza n. 3497/2015, del 15 ottobre 2015.

Il Giudice fiorentino, nel corso di un procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo, ha disposto che le parti esperissero il procedimento di mediazione obbligatoria. Tale incontro si è concluso infruttuosamente, in quanto le parti avevano dato atto che «allo stato non [sussistevano] i presupposti per poter dare avvio al procedimento di mediazione», senza però fornire specifica e motivata giustificazione in merito al mancato avvio di un effettivo tentativo di mediazione. Il Tribunale di Firenze ha quindi dichiarato improcedibili le domande proposte da creditore-opposto e debitore–opponente a norma dell’art. 5 D.Lgs. 28/2010. Ed infatti, il Giudice fiorentino ha ritenuto che nel corso del primo incontro per l’avvio del procedimento, si deve in concreto verificare la possibilità di addivenire ad una composizione stragiudiziale della controversia. A nulla vale infatti la circostanza che entrambe le parti siano d’accordo nel non voler esperire la procedura: la loro discrezionalità, secondo l’orientamento del Tribunale di Firenze, non avrebbe rilevanza alcuna. Con la citata pronuncia, il Tribunale di Firenze ha rimarcato che l’esperimento della mediazione è vera e propria conditio sine qua non della successiva azione giudiziale.

Appare quindi evidente che i due Organi giudicanti traggono valutazioni completamente diverse: il Consiglio di Stato ritiene sufficiente che si svolga un primo incontro tra le parti, per la mera verifica della sussistenza dei presupposti per la mediazione; il Tribunale di Firenze ritiene, invece, necessario che sia operato un concreto tentativo di mediazione, altrimenti ciò che la legge definisce come obbligatorio diverrebbe meramente facoltativo.

Le due diverse interpretazioni si fondano su due diverse concezioni. Da un lato viene maggiormente valorizzata la volontà delle parti (anche laddove queste preferiscano ricorrere alla tradizionale tutela giudiziale), dall’altro lato rilevano le note ragioni deflattive, finalizzate ad alleggerire i Tribunali dell’ingente carico di lavoro. La preferenza per una delle due ragioni, oltre che essere legata a istanze di natura strettamente tecnico-giuridica, va necessariamente apprezzata anche sulla scorta di ragioni di politica giudiziaria.

Deve comunque ritenersi che, ancorché il ricorso alla mediazione sia auspicabile per le ragioni sopra evidenziate, non pare che l’istituto, così come ora disciplinato, sia di per sé sufficiente a porre un freno alla “litigiosità” degli italiani e, quindi, alla loro volontà di adire i Tribunali.

(A cura dell’ Avv. Alberto Pasinoalberto.pasino@studiozunarelli.com)

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