Al fine di agevolare le forniture e mascherine e, più in generale, di dispositivi di protezione individuale e dispositivi medici atti a far fronte all’emergenza sanitaria, la legislazione d’urgenza ha introdotto delle nuove modalità di validazione di tali materiali.

In particolare il decreto “cura Italia”, con riferimento alle mascherine protettive, ha operato una distinzione fra prodotti destinati ad essere utilizzati sui luoghi di lavoro e prodotti genericamente destinati alla popolazione. In entrambi i casi sono state previste delle norme volte ad agevolare la messa in commercio di prodotti privi di una pregressa marchiatura CE, ma con delle rilevanti differenze fra le due fattispecie:

1. Con riferimento alla prima ipotesi (mascherine atte a proteggere i lavoratori sui luoghi di lavoro) occorre: a) che le stesse rispettino dei ben precisi parametri produttivi, che in condizioni normali avrebbero consentito di conseguire la marchiatura CE; b) che prima dell’immissione in commercio sia seguita la procedura di validazione indicata all’art. 15 del D.L. N. 18 dd. 17.03.2020;

La procedura di validazione da seguire è differente per le mascherine chirurgiche e per gli altri dispositivi di protezione individuale. Per quanto attiene alle mascherine chirurgiche, è previsto che i produttori e gli importatori e coloro che le immettono in commercio debbano inviare un’autocertificazione all’Istituto superiore di sanità dichiarando che le mascherine rispettano tutte le vigenti normative di sicurezza. Entro 3 giorni dalla data di invio dell’autocertificazione le aziende produttrici e gli importatori inviano all’ISS ogni materiale necessario alla validazione delle mascherine chirurgiche. Nei 3 giorni successivi il ricevimento di tale documentazione, l’ISS si pronuncia sulla rispondenza delle mascherine alle normative vigenti. Al riguardo è importante segnalare che il termine di 3 giorni entro il quale dovrebbe avvenire la validazione non è un termine perentorio e che in tale materia non opera l’istituto del silenzio assenso, con la conseguenza che, sino a quando non sarà intervenuta l’espressa validazione da parte dell’ISS, non sarà possibile immettere in commercio i DPI in oggetto. Per quanto concerne i DPI diversi dalle mascherine chirurgiche, la procedura è analoga, con la sola differenza che il soggetto preposto alla validazione dei materiali è l’INAIL.

Fabbricanti, importatori e distributori di DPI non conformi alle vigenti normative sono sanzionabili ai sensi dell’art. 14 del D.lgs 19 febbraio 2019, il quale prevede (a seconda della specifica categoria in cui è inquadrabile il DPI non conforme) sanzioni amministrative e penali.

2. Il successivo art. 16, comma 2, del D.L. N. 18 dd. 17.03.2020 prende in considerazione le modalità di immissione in commercio delle mascherine che non siano qualificabili come DPI (e quindi non utilizzabili da parte del personale sanitario e dei lavoratori). La noma stabilisce che la popolazione presente sul territorio nazionale possa utilizzare mascherine “prive del marchio CE e prodotte in deroga alle vigenti norme sull’immissione in commercio”. A conferma di un tanto l’INAIL ha chiarito che “per le altre tipologie di mascherine, che non siano né DM né DPI e che per ciò solo non possono essere destinate né all’utilizzo da parte degli operatori sanitari durante il servizio, né alla protezione dei lavoratori per i quali è previsto l’uso di specifici dispositivi di sicurezza, non è prevista alcuna procedura di validazione straordinaria, ai sensi dell’art. 15, ma possono essere prodotte in deroga alle vigenti norme sull’immissione in commercio, ai sensi dell’art. 16 del DL n. 18/2020, sotto la responsabilità del produttore che deve comune garantire la sicurezza del prodotto”.

 

A cura del Prof. Avv. Massimo Campailla, mail: massimo.campailla@studiozunarelli.com

 

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